
Lo sguardo di un combattente
L’OPERA » Davide Dormino ha colto in «Upon the Gears» l’impegno di Mario Savio, Berkeley 1964
Scritto da Patrick Boylan
Source: Il Manifesto
Cogliere, in pochissimi tratti, l’essenza di un viso: è l’arte del ritratto al sommo grado. Ed è quello che l’artista visivo Davide Dormino è riuscito a fare, per restituire lo spirito di quel combattente per la verità che è stato Mario Savio, in un dipinto che si intitola Upon the Gears.
Mario fu uno dei principali leader della rivolta studentesca negli Usa esplosa a Berkeley nel 1964 – rivolta che sarebbe poi diventata, nelle università di tutto il mondo, il celebre «‘68 contestatario».
Il Rettore dell’Università della California a Berkeley aveva vietato le manifestazioni a sostegno del movimento per i diritti civili dei neri, capeggiato da Martin Luther King, allora al suo apice — esattamente come oggi alcuni rettori tentano di vietare, nei loro atenei, le manifestazioni a sostegno del popolo palestinese.
Mario e i suoi compagni si ribellarono. Quando, il primo ottobre del 1964, un veicolo della polizia arrivò dentro il cortile dell’ateneo per portare via uno degli studenti contestatori, gli studenti del Free Speech Movement (Movimento per la libertà di parola) fecero sedere per terra, tutto intorno al veicolo, le diverse centinaia di studenti in piazza e Mario salì sul tetto per esigere una trattativa con il rettore, il quale, alla fine, dovette accettare.
Una vittoria di breve durata, però. Neanche due mesi dopo, di nuovo i divieti. L’immensa Macchina repressiva del Potere — la stessa che opprimeva i neri e che pianificava i bombardamenti a tappeto del Vietnam — si era rimessa in moto. E allora, il 2 dicembre 1964, il Free Speech Movement convocò di nuovo gli studenti davanti al Rettorato (Sproul Hall) e Mario pronunciò le parole che lo avrebbero poi reso celebre: «Viene un momento in cui veder funzionare la Macchina ti fa venire la nausea, non puoi parteciparvi neanche passivamente, vi sentite spinti a gettare i vostri corpi sull’ingranaggio (upon the gears), sulle ruote, sulle leve, sull’apparato tutto intero, per farlo fermare».
Un grido angosciato e rabbioso contro la putrida normalizzazione che la Macchina tentava di imporre ai giovani e a tutti quanti. Un grido esacerbato contro le menzogne che la Macchina voleva fargli accettare, orwellianamente, come vere. Mario respinse con sdegno questi tentativi e tenne gli occhi fissi su quella nostra Stella Polare nel firmamento che altro non è che la verità.
Come cogliere e rappresentare l’essenza di questa pulsione? Nel suo dipinto, Dormino ha scelto di rappresentare non gli occhi di Mario bensì lo sguardo: quelle ombre che riempirono le sue cavità oculari. Ombre travagliate dove l’angoscia, la rabbia e lo sdegno si mescolano in un intensissimo sguardo duro, tutto intento a discernere gli astri. Due ruvidissime macchie scure, dunque, e dentro, riflesse nelle pupille che neanche si vedono, le costellazioni.
Questo dipinto, per rappresentare davvero ciò che fu Mario, non poteva stendersi su una tela qualsiasi per farsi poi incorniciare ed appendere in qualche galleria. Doveva stare all’aperto, a gridare la sua verità ai passanti e così costituire una presa di posizione militante. L’artista allora ha scelto, come luogo per ospitare la sua opera, uno dei sei lati di uno chiosco per giornali stile inizio ‘900, ubicato nel cuore della Capitale a Testaccio e trasformato in una piccola libreria esagonale, il Latte Bookstore.
Il chiosco-libreria si trova vicinissimo al celebre «Monte dei Cocci», una discarica di tegole e di anfore rotte ammucchiate dagli antichi romani nel II secolo, alta 36 metri e rimasta ancora oggi com’era nell’antichità.
Tracciata su uno dei lati dell’edicola-libreria, dedicata interamente a libri sull’attivismo, la rappresentazione dell’intenso sguardo di Mario Savio, realizzata dall’artista, diventa qualcosa di atemporale, un monumento perenne a un eroico combattente per la verità del secolo scorso.
Sotto questo aspetto, l’opera è come l’altra realizzazione militante di Dormino, il celebre Anything to Say?, una scultura di gruppo in bronzo massiccio, destinata a essere esposta all’aperto anch’essa, e dedicata ad altri tre personaggi che hanno difeso a spada tratta la verità, tutti contemporanei: Julian Assange, Edward Snowden e Chelsea Manning.
Il vernissage dell’opera grafica Upon the Gears ha avuto luogo lo scorso 17 dicembre proprio davanti al Latte Bookstore, dentro la Città dell’altra Economia (in fondo, lato Tevere) in largo Dino Frisullo a Roma.