Vanni Santoni è scrittore, giornalista e editor. Dopo l’esordio con Personaggi precari, ha pubblicato, tra gli altri, i romanzi Gli interessi in comune (Feltrinelli 2008), Se fossi fuoco arderei Firenze (Laterza 2011), In territorio nemico (minimum fax 2013), Muro di casse (Laterza 2015), La stanza profonda (Laterza 2017, candidato al premio Strega), L’impero del sogno (Mondadori 2017) e i romanzi fantastici Terra ignota e Terra ignota 2 e I fratelli Michelangelo (Mondadori 2013, 2014 e 2019). Scrive sul Corriere della Sera, Internazionale, Vice, il Manifesto. Dal 2014 al 2021 è stato direttore editoriale per la narrativa di Tunué. I suoi ultimi libri sono il saggio La scrittura non si insegna (minimum fax 2020) e il romanzo La verità su tutto (Mondadori 2022).
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Dilaga ovunque
Quanto bisogna risalire nel tempo per raccontare la nascita dei graffiti? Fino alle grotte di Lascaux, alle incisioni sulle pareti di Pompei, o ai disegnetti virali lasciati dai soldati americani durante la guerra? Di certo è a partire dai primi anni ’70 del secolo scorso, tra i ragazzini dei quartieri poveri che iniziano a taggare le strade di Philadelphia e New York, che il fenomeno prende piede, esplode e dilaga in tutto il mondo. Da allora è un proliferare di nomi, un evolversi di stili e filoni in cui è quasi impossibile mettere ordine. Nonostante la repressione sempre più dura e l’ossessione per il decoro, oggi i graffiti sono ovunque, hanno vinto. La street art si vende nelle case d’asta, si usa in pubblicità, diventa addirittura strumento della speculazione immobiliare. Cosa è rimasto dello spirito clandestino delle origini? Per scoprirlo, questo romanzo ci porta tra gallerie d’arte e depositi dei treni, con il cappuccio della felpa tirato su e un paio di bombole nello zaino, a sentire l’odore della vernice e l’adrenalina che sale improvvisa, muovendosi nel buio per mordere la carne della città e rivendicare il diritto di esistere in uno spazio urbano dominato dalle logiche del profitto.