Marco Aime ha frequentato l’Istituto tecnico industriale statale “Amedeo Avogadro” di Torino, dove si è diplomato, nel 1975, come perito elettrotecnico. Dal 1977 al 1988 ha lavorato presso la Pirelli a Settimo Torinese, portando avanti, nel contempo, gli studi universitari presso l’Università di Torino. La passione per l’antropologia nasce dai primi viaggi extraeuropei compiuti in quel periodo. Il primo, un trekking tra le montagne dell’Hindukush e del Karakorum (Pakistan) nel 1983 e successivamente, nel 1984 in Mali, viaggio a cui deve la passione per l’Africa e in particolare per il Sahel e le regioni desertiche.

  • Conversazioni in alto mare

    Sullo sfondo dell’ipocrisia istituzionale che contrassegna un’Europa formalmente paladina dei diritti umani ma di fatto sempre più arroccata in sé stessa, Riccardo Gatti, da anni impegnato nei soccorsi in mare, ci racconta, in dialogo con Marco Aime, il mestiere del salvare. Così, in queste conversazioni condotte sul «campo», ovvero in navigazione nel Mediterraneo centrale, un «capitano anarchico» e un antropologo che si occupa di migrazioni provano ad analizzare la complessità dei salvataggi in mare e le loro implicazioni, umane ma non solo, così come il clima culturale e la narrazione che intorno a esse si è venuta a creare. Un racconto in diretta che ci aiuta a capire come mai nel giro di poco tempo quelli che erano chiamati «angeli del mare» sono all’improvviso diventati «trafficanti di esseri umani». Contro le retoriche prevalenti, sguaiate da un lato e semplicistiche dall’altro, e soprattutto contro l’indifferenza dei più, queste riflessioni ci fanno entrare nel vivo di uno dei fenomeni più significativi dell’ultimo ventennio. Un fenomeno che è lontano dall’essere concluso e che sta mettendo in gioco i nostri valori più intimi.

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