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Aboliamo le prigioni? Contro il carcere, la discriminazione, la violenza del capitale
Angela Davis, nota militante del movimento americano per i diritti civili sin dagli anni Sessanta, è oggi una studiosa di fama internazionale che ha focalizzato il suo impegno nella più difficile battaglia per i diritti civili: abolire il carcere. Un mondo senza prigioni è forse impensabile, anche per chi proclama il suo progressismo. Ma con lucidità scientifica e un’instancabile passione ideale, Davis analizza il sistema “carcerario-industriale” americano – quello per cui due milioni e mezzo di persone sono detenute negli Stati Uniti – e mostra come questa democrazia modello fondi le sue basi economiche su una sorta di schiavismo morbido: donne abusate e farmacologizzate, manodopera a costo zero per le corporation, neri e ispanici a cui vengono negate istruzione e assistenza sanitaria. “Aboliamo le prigioni?” è una piccola guida di resistenza, che a partire dalla battaglia contro il carcere diventa denuncia di ogni forma di oppressione. E alla fine chiama tutti direttamente in causa, perché le nostre idee cambieranno davvero soltanto quando saranno cambiati i nostri comportamenti.
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Autobiografia di una rivoluzionaria
Non intendevo scrivere questo libro. Un’autobiografia, alla mia età, mi sembrava presuntuosa.” Ma questa ragazza nera, comunista, giovane filosofa allieva di Marcuse, compagna del leader delle Black Panthers George Jackson, a poco più di vent’anni era già una stella polare per i movimenti dei diritti civili, in America e non solo. E la sua autobiografia, dal momento della sua pubblicazione nel 1974, è stato un classico assoluto della controcultura. Una “narrazione esemplare”, intima e collettiva, su temi importanti come il razzismo, la povertà, l’oppressione del potere. Con un saggio di Luca Briasco
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Abolizionismo. Femminismo. Adesso
L’aggettivo abolizionista affonda le sue radici nel diaciannovesimo secolo durante la lotta afroamericana contro la schiavitù. Ispirandosi a quella stessa storia questo libro collettivo ha come bersaglio l’attuale sistema penale, da sempre strutturalmente incline alla violenza razzista e di genere. Pur rispettose del fatto che abolizionismo e femminismo continuano a essere teorizzati separatamente da numerose analisi e movimenti, le autrici considerano l’abolizionismo più forte se mette in discussione i meccanismi che generano la violenza di genere e il femminismo, a sua volta, più potente e incisivo se capace di discostarsi dalle posizioni che non fanno i conti con la violenza riprodotta e amplificata da carceri e polizia. La proposta è quella di un femminismo abolizionista, con un approccio che fa tesoro della tradizione del femminismo nero e contesta l’essenzialismo di genere, che ha la tendenza a considerare la
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