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Feiez. le storie tese di paolo panigada. ediz. illustrata
Vita e musica di Paolo Panigada (Crema, 12 luglio 1962 – Milano, 23 dicembre 1998), ai molti conosciuto come Feiez. Spaccati di storie “tese” in cui vengono narrati episodi carichi di umorismo, creatività e amore sconfinato per la musica. Dalla sua prima infanzia all’adolescenza, la sua formazione musicale, per arrivare al lavoro come tecnico del suono allo Psycho Studio di Milano. Negli Elio e le Storie Tese ricoprirà il ruolo centrale di polistrumentista e gioioso animatore. Ma non solo: l’amicizia, i tour e le vacanze insieme, le registrazioni in studio e le trovate geniali ed esilaranti. L’esperienza nei teatri con Claudio Bisio, la Biba Band con Stefano Bollani e le innumerevoli collaborazioni con musicisti e personaggi dello spettacolo a cui ha donato il suo tocco unico, al sax o al mixer, nelle più importanti produzioni italiane degli anni ‘90 (tra cui Eugenio Finardi, Mina, Enrico Ruggieri e Ligabue). Le passioni di un uomo genuino, oltre che di un musicista-fenomeno, amante del cibo, del calcio (partecipando alla Dinamo Rock) e della sua città natale, dove è sempre tornato.
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Dilaga ovunque
Quanto bisogna risalire nel tempo per raccontare la nascita dei graffiti? Fino alle grotte di Lascaux, alle incisioni sulle pareti di Pompei, o ai disegnetti virali lasciati dai soldati americani durante la guerra? Di certo è a partire dai primi anni ’70 del secolo scorso, tra i ragazzini dei quartieri poveri che iniziano a taggare le strade di Philadelphia e New York, che il fenomeno prende piede, esplode e dilaga in tutto il mondo. Da allora è un proliferare di nomi, un evolversi di stili e filoni in cui è quasi impossibile mettere ordine. Nonostante la repressione sempre più dura e l’ossessione per il decoro, oggi i graffiti sono ovunque, hanno vinto. La street art si vende nelle case d’asta, si usa in pubblicità, diventa addirittura strumento della speculazione immobiliare. Cosa è rimasto dello spirito clandestino delle origini? Per scoprirlo, questo romanzo ci porta tra gallerie d’arte e depositi dei treni, con il cappuccio della felpa tirato su e un paio di bombole nello zaino, a sentire l’odore della vernice e l’adrenalina che sale improvvisa, muovendosi nel buio per mordere la carne della città e rivendicare il diritto di esistere in uno spazio urbano dominato dalle logiche del profitto.
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Cana spiega cose (la)
Numeri e dati, nel dibattitto pubblico, vengono spesso utilizzati come clave, così che finiamo per dimenticarci di una semplice realtà: alla base di tutte le stime, ci sono e ci saranno sempre le persone. Stefano Tartarotti propone allora un approccio umoristico e divulgativo, attraverso degli spiegoni, sì, ma a fumetti. La Cana e gli animali del bosco spazieranno tra temi come le migrazioni, la diffusione delle armi, i vaccini, l’eutanasia legale, l’antiproibizionismo, la gestazione per altri e non ultima l’emergenza climatica. Perché i fenomeni sono molto più complessi e articolati di come spesso vengono banalizzati dalle destre e soprattutto sui social, in un mare di complottismo, discorsi d’odio, sovranismi, omofobia e razzismo striscianti.
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Eroi
Cosa rimane oggi dell’Iliade e dell’Odissea? È possibile raccontarle ancora? È questa la sfida di Eroi, il nuovo libro di Andrea Pennacchi, che stavolta accompagna i lettori e il pubblico alla scoperta di questi due classici, rileggendo l’epica omerica e arricchendo la narrazione di riflessioni, ricordi e fantasie. Così la guerra sotto le mura di Troia risuona nelle lance che battono sugli scudi degli eroi di un tempo; così il ritorno di Odisseo verso Itaca si popola di creature e di voci, mentre le onde si infrangono sul legno. Basta questo, allora: trovare un episodio, una storia in cui riecheggi la propria esperienza personale, e usarla come grimaldello per addentrarsi in questa fortezza piena di tesori, appena velati dal tempo, intimorito e umile di fronte alla bellezza degli antichi.
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Komorebi. Un libro queer
In questo libro, tratto dall’omonimo spettacolo, Giorgia Mazzucato ci accompagna con ironia tagliente tra le tappe fondamentali del suo percorso di vita da persona queer. Una storia personale, ma che può parlare a tant?. Una storia semplice, quella di una donna che ama un’altra donna. E mentre il racconto scorre, le risate si alternano a momenti drammatici, portando in superficie diverse sfaccettature dell’omobitransfobia che attanaglia il nostro Paese. Il titolo del volume è un omaggio alla luce inarginabile delle rivoluzioni sociali. Komorebi è una parola giapponese che significa ‘la luce del sole che filtra tra le foglie degli alberi’. Un’immagine che può ben rappresentare quanto stia accadendo nel mondo, con la lotta per i diritti civili e, nel particolare, per i diritti della comunità LGBTQIA+, con la sua luce di instancabile orgoglio che continua a filtrare tra le foglie oscurantiste della nostra epoca.
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Disobbedite con Generosità
Il libro traccia i 10 anni dalla nascita di CHEAP: un collettivo, un progetto di arte pubblica, uno sguardo non convenzionale sul contemporaneo come temporaneo. Attraverso l’uso della carta come supporto espressivo, dal 2013 CHEAP esplora il legame profondo tra arte, attivismo e spazio pubblico. Da un festival iniziale a un’esperienza più fluida e situazionista, CHEAP è da sempre permeata da energie transfemministe intersezionali e decoloniali. Questo libro racconta il suo percorso artistico e curatoriale, svelando i dietro le quinte di pratiche radicali, esperienze di strada formative, pensieri puntuali e aneddoti che aprono uno spiraglio sulle anime del progetto. Scopriremo come l’arte possa trasformare le città in cui viviamo in un autentico luogo di lotta ma anche di cura del bene comune e delle comunità. Un invito a rivalutare il potere dell’arte pubblica nel modellare la nostra società contemporanea.
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Latte arcobaleno
«Uno dei romanzi di debutto più eccitanti di questi anni» -The Times
«Un viaggio autobiografico verso Londra, cercando la salvezza» – Gabriele Romagnoli, Robinson
«Quando mai ci è capitato di leggere un romanzo su un giovane di colore, gay e Testimone di Geova di Wolverhampton che abbandona a forza la propria comunità per cercare la propria strada a Londra come prostituto? Mendez è uno scrittore eccezionale, coraggioso ed eccitante. In più scrive di sesso in modo straordinariamente esplicito e potente» – Bernardine Evaristo
«Sorprendente…il tipo di libro che non sapevi di aspettare. Un romanzo esplosivo che passa dal sesso alla colpa, alla salvezza, il tutto mentre tratta di cosa significhi essere neri, gay, figli, padri, amanti, in una parola cosa significhi essere uomini» – Marlon James
«Un romanzo che fa quello che solo i grandi esordi fanno: portare originalità di visione, rinnovare la nostra idea di cosa sia possibile fare in narrativa…un libro di incredibile potenza e grandissimo impatto emotivo» – Alex Preston
Nell’Inghilterra degli anni Cinquanta, l’ex boxeur giamaicano Norman Alonso cerca, tra mille difficoltà e diffuso razzismo, una nuova vita insieme a sua moglie e ai suoi bambini. Nella stessa regione (la cosiddetta Black Country, nelle Midlands) all’inizio dei Duemila suo nipote, Jesse McCarthy, è alla ricerca del proprio posto nel mondo, e di una vita più vera in cui riconoscersi. Jesse è stato cresciuto senza il padre naturale nella locale comunità dei Testimoni di Geova, un ambiente rigido e chiuso dal quale ancora adolescente viene espulso per aver timidamente manifestato le proprie tendenze omosessuali. Biasimato anche da sua madre e dal nuovo marito di lei, Jesse si trasferisce così a Londra e inizia a frequentare uomini più grandi (soprattutto bianchi) a pagamento. In ognuno di loro, non importa quanto possano essere squallidi e violenti, non importa cosa gli chiedano di fare, Jesse cerca un po’ di amore, qualcuno che lo accetti e gli voglia bene per quello che è. Presto però Jesse si trova a rischiare la propria vita per un incontro sessuale più pericoloso ed estremo del solito, ma nel momento peggiore della sua vita conosce un uomo, uno scrittore, con cui nasce una forte amicizia e una grande attrazione reciproca, anche se questi è tuttora sposato con una donna…
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Multipli forti. Voci dalla letteratura italiana contemporanea
Quali sono le principali tendenze della narrativa italiana del nostro tempo? E quali sono le autrici e gli autori che l’hanno scritta e la stanno scrivendo? L’Istituto Italiano di Cultura di New York ha organizzato il festival letterario «Multipli forti», durante il quale ad alcuni tra i maggiori scrittori italiani contemporanei è stato chiesto di ragionare su grandi temi che spaziano dalla riflessione sui destini collettivi al modo in cui lo specifico italiano si è progressivamente aperto a influssi stranieri e internazionali; dal corpo a corpo con la realtà alla sopravvivenza di un’idea classica del romanzo; dalle nuove forme dell’autofiction al genio dei luoghi e alle tradizioni vernacolari. I contributi individuali raccolti in questo volume – brevi racconti, memorie e meditazioni letterarie, interventi di taglio saggistico e persino, in alcuni casi, rivelatorie confessioni – costruiscono un quadro complesso e affascinante: un’occasione preziosa per riflettere sulle molte possibili direzioni che la narrativa italiana sta seguendo, in un perenne e fertile confronto fra tradizione e innovazione, realismo e invenzione pura, idiosincrasie e senso della storia.
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L’uomo che guardava le stelle
L’uomo che guardava le stelle è una favola contemporanea indimenticabile e commovente che fa tornare alla mente classici come Pomodori verdi fritti alla fermata del treno e K-Pax, e regala al lettore un senso straordinario di avventura e di stupore per tutto ciò che è vivo.
«Osservare Bill mi fece ripensare a un sacco di tempo prima, quando anch’io mi facevo incantare dal cielo stellato. Quell’incanto però finì più o meno quando persi interesse per le cose sulla terra. Adesso provavo di nuovo quella sensazione di meraviglia. Non era tanto per le stelle, quanto piuttosto per l’uomo in piedi nel buio che le stava osservando.»Una mattina al Maybell’s Diner a Hadley, una cittadina dell’Arizona, giunge un cuoco che legge nel pensiero: il suo nome è Bill, un giovane uomo senza passato che sembra sbucato fuori dal nulla, e il suo arrivo in città cambierà la vita di tutti quelli che ne incroceranno il cammino. Bill non riesce solo a conoscere i desideri degli avventori del locale, tanto che presto questo diventerà meta di pellegrinaggio da ogni luogo dell’America, ma anche a sentire profondamente i dolori, le paure e le speranze di chi gli è vicino. La sua presenza luminosa cambia innanzi tutto la vita di Maybell, proprietaria del diner, e di Belutha, sua figlia adolescente e perennemente in conflitto con lei, che avvicinandosi a Bill scoprirà qualcosa di sé che non pensava di possedere e che ha a che fare con l’essere visti, e amati. Bill forse conosce davvero i segreti dell’universo, per questo Rose, una settantenne in rotta con il Mondo, e Martin, un malato terminale che cerca nel cuoco delle stelle la risposta alla propria paura della morte, si affideranno a lui entrando a far parte dello staff del Maybell’s per affrontare insieme il mistero più grande: il fatto che le nostre esistenze sono intrecciate e che a volte bisogna credere in quello che non sappiamo spiegarci.
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I monologhi della vagina
Edizione aggiornata
«Con i Monologhi della vagina Eve Ensler ha dato voce e identità all’universo femminile in tutti i suoi aspetti, dalla sessualità alla denuncia delle violenze, dai diritti delle donne alle fantasie più ironiche.» – la Repubblica
Nel 1998 Eve Ensler ha portato in scena I monologhi della vagina, uno spettacolo tratto dalle numerose interviste con donne di ogni età, razza, religione e classe sociale. Questo spettacolo è diventato un libro che ha rivoluzionato il mondo femminile. Con humour trasgressivo, in queste pagine è la vagina a prendere la parola per raccontare e raccontarsi attraverso monologhi seri, divertiti, fantasiosi o drammatici: dall’anziana signora che a settant’anni scopre l’orgasmo multiplo in una vasca da bagno, passando per ragazze curiose, professioniste del piacere e severe manager in tailleur.
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Piccolo galateo per il corretto utilizzo dei libri
È consentito o no fare le orecchie ai libri? Con che tipo di matite si sottolineano? Quali sono le tecniche infallibili per farseli restituire? Il Piccolo galateo illustrato per il corretto utilizzo dei libri risolverà tutti i dubbi che incontriamo durante la nostra vita di lettrici e lettori.
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L’anno del pensiero magico
L’anno del pensiero magico, l’opera più famosa e apprezzata di Joan Didion, è racconto del parossismo e della rinascita, memoriale dell’intimità violata, indagine giornalistica sulla solitudine e saggio sul destino e la speranza umana; è l’opera che meglio ha saputo raccontare il lutto e il dolore, toccando ferite ancora pulsanti, aprendone di nuove sulla pagina. È il prezzo pagato da Joan Didion per prendere coscienza che, se anche tutto intorno a lei sembra essere crollato, occorre liberare dalla presa dei ricordi coloro che l’hanno lasciata, e vivere le possibilità del presente senza rifugiarsi nei rimpianti del passato.
«L’anno del pensiero magico è un libro vivo, tagliente e memorabile; un racconto preciso, candido e penetrante; un ritratto indelebile della perdita e del lutto.» – The New York Times
«Non mi viene in mente un libro più necessario di questo. Non riesco a immaginare di morire senza L’anno del pensiero magico.» – The New York Review of Books
«La vita cambia in fretta. La vita cambia in un istante. Una sera ti metti a tavola e la vita che conoscevi è finita.»
È la sera del 30 dicembre 2003 quando John Gregory Dunne, sposato da quarant’anni con Joan Didion, muore all’improvviso. Da quella data inizia per la scrittrice l’anno del pensiero magico, in cui lutto e sogno sovrascrivono la vita, e l’impossibile addio all’uomo amato si trasforma lentamente in un profondo colloquio con la morte, durante il quale tutto viene riconsiderato: la malattia, la cecità della fortuna, le parole non dette dell’amo- re, l’essenza sfuggente e ingannevole della memoria, la consapevolezza di dover fare prima o poi i conti con la fine. Il pensiero magico disseziona la perdita, illude Joan Didion di poter fermare, per incanto o sortilegio, chi se ne è andato per sempre. Ma i ricordi che la legano a lui, chiusi in un abbraccio troppo stretto, tramutano in
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Pulp Roma
Roma eccessiva. Roma disumana. Roma crudele. Roma sproporzionata. Roma intorpidita. Languida. Oziosa. Superba. Tronfia. Deserta. Spaccona. Tra le vie cieche della capitale asfissiate da una torrida estate postapocalittica si trascina un uomo indolente e triste, mentre un enorme polipo si avvinghia al corpo di una ragazza in una camera affogata in un oceano rosso sangue. Freud, ossessionato dalla città e bloccato al limite mai valicato da Annibale, soffoca sul lago Trasimeno, schiacciato da un desiderio nevrotico di visitare Roma che per Onfray è soltanto pulsione incestuosa. Davanti a una porta muta e chiusa un novellino, una rosetta appena sfornata dal centro d’addestramento, il giovanissimo agente ausiliario di Piesse cresciuto sotto la dominazione cattolica della nonna, è stato messo di piantone e immobilizzato in eterno, mentre dietro la porta uno, nessuno e centomila commissari Acaba riflettono sul concetto di molinello ingravalliano. Il divano e le pareti della suite 541 dell’Hotel Excelsior assorbono lo spirito infelice di Kurt Cobain, mentre il Colosseo avveniristico di Ranxerox è puntellato da immonde colate di cemento armato, ricoperto di plexiglas rosa e trasformato in albergo. Con una lingua che procede per flussi di immagini Tommaso Pincio compie un ritratto personale di una città universale, trascendendo i limiti del romanzo e offrendo una prova narrativa mai tentata prima.
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Solenoide
Dentro una strana casa a forma di barca uno scrittore fallito consuma la vita creando pianeti nella propria testa, annotando sogni e incubi su un diario folle, vagando con la mente per una Bucarest allucinata, pulsatile, ectoplasmatica. Divenuto professore di romeno in una scuola di periferia, lavoro che detesta e ripudia, in quel tetro edificio conosce figure che diventano per lui punti di riferimento: un matematico che lo inizia ai segreti più reconditi della sua materia, gli adepti di una setta mistica che organizza manifestazioni contro la morte nei cimiteri della città e infine Irina, la donna di cui si innamora. In un delirio abbacinante di immagini assurde, lo scrittore tenta disperatamente di sfuggire alla tirannia dei nostri cinque sensi e di accedere a un’altra dimensione dell’esistenza.Solenoide è il capolavoro di Mircea Cartarescu, l’opera monumentale che ingloba e fagocita tutte le precedenti, restituendoci la totalità del suo pensiero e l’eccezionalità della sua scrittura, la quale ricorda Kafka, Borges, Pynchon, Bolaño. C’è qui l’impronta di un visionario, un profeta che ci svela in tutta la sua evidenza la «cospirazione della normalità», la gabbia che il nostro cervello ha costruito per noi. Perché per Cartarescu la realtà è un carcere e noi, come il protagonista di questo libro, abbiamo il dovere di evadere, di cercare, anche a rischio di impazzire, un’altra verità. Solenoide, è questa la sua grandezza, apre uno squarcio e illumina la via di fuga.